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Quando apprende che Claire, la sua figlia ventiquattrenne, è stata trasportata priva di conoscenza in un ospedale parigino dopo essere stata investita da un motociclista che poi si è dato alla fuga, Elvire salta sul primo treno per Parigi e presagisce la devastazione che l'incidente le scatenerà dentro. Mentre ricompone i frammenti della propria esistenza, poco a poco Elvire prende le distanze dalla sua famiglia acquisita, per la quale a ben vedere non è mai stata altro che un "corpo estraneo". Senza addentrarsi ulteriormente nei dettagli della narrazione, basti dire che niente, in "Corpo estraneo", è lasciato al caso, non una data, non un evento, non un sentimento. Ed è questo, soprattutto, alla base della riuscita del romanzo: la rigorosa disposizione degli elementi romanzeschi, di quelli esteriori come di quelli interiori. Gli uni e gli altri lasciano emergere il doloroso cammino di liberazione di una donna dalla meschinità e dall'ipocrisia della sua famiglia, là dove si sono incontrati esseri che tutto avrebbe dovuto unire e che tutto invece ha separato.